Disturbo di personalità.
- Sergio Sabatini
- 9 nov 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Spesso si sente dire Tizio o Caio hanno proprio un brutto modo di fare, sono scorbutici, spesso rispondono male, non sanno stare con gli altri, è proprio difficile trattare con loro; insomma hanno proprio un “brutto carattere”. Nel pensiero comune si fa sovente confusione tra ciò che rappresenta un comportamento eccessivo, a volte vagamente eccentrico o misantropo e sospettoso e ciò che da un punto di vista clinico può essere definito disturbo di personalità. Vediamo di capire di cosa si tratta. Il DSM-IV ovvero il manuale diagnostico per i disturbi mentali (testo di riferimento per qualsiasi clinico del settore) individua il disturbo di personalità nell’Asse II riferendosi a due ambiti distinti: l’esperienza cognitiva ed affettiva da un lato e il funzionamento interpersonale (incluso il controllo degli impulsi) dall'altro. Si può affermare che i disturbi di personalità sono condizioni evolutive che hanno il loro esordio nell'infanzia e nell'adolescenza e proseguono nell'età adulta, non vanno confuse con le modificazioni di personalità che invece sono acquisite, in genere, nell'età adulta in seguito a stress o malattie di vario genere. Si possono individuare due polarità estreme che definiscono una sorta di continuum tra la personalità con una spiccata componente nevrotica e quella con una marcata componente borderline. Gli individui che si caratterizzano per una componente marcatamente nevrotica presentano una certa rigidità e il loro pattern di sofferenze è limitato ad un’area specifica. Per quanto riguarda le personalità al “limite” i comportamenti osservabili si caratterizzano per sregolatezza emozionale e instabilità del soggetto. Va detto che la cura di queste persone presenta spesso difficoltà perché le stesse non sono pienamente consapevoli del problema e tendono a negarlo. Ad esempio nelle personalità paranoidi l’esame di realtà è intatto, ma le stesse manifestano un atteggiamento marcatamente sospettoso che da un punto di vista psicodinamico assume il significato di trasferire all'esterno quei pensieri e sentimenti vissuti come pericolosi e inaccettabili, ma assolutamente compatibili se attribuiti ad altre persone. Un esempio piuttosto comune è costituito da quelle persone che hanno spesso l’impressione che altri parlino alle loro spalle come se tutto il mondo potesse nutrire critiche nei loro confronti. Si capisce come atteggiamenti di questo genere possano rendere molto difficile la vita di relazione e lavorativa a chi soffre di questi disturbi e come l’ambiente circostante, specificamente quello familiare, ne risenta moltissimo provocando spesso stress insopportabili. L’intervento elettivo resta la possibilità di affrontare attraverso la psicoterapia i significati relazionali che il disturbo assume nell’economia della vita cognitiva ed affettiva della persona.
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