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Cause psicologiche degli incidenti di guida

  • Immagine del redattore: Sergio Sabatini
    Sergio Sabatini
  • 21 nov 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Quotidianamente aprendo il giornale veniamo a conoscenza di tragedie più o meno gravi accadute sulle strade e autostrade italiane. Il fenomeno ha assunto rilevanza mondiale, tanto che si sono mosse varie categorie di professionisti per tentare di dare una risposta e provvedere agli interventi di prevenzione. In materia di prevenzione degli incidenti stradali esiste un’ordinanza ministeriale n° 292 del 17/10/’94 che introduce, in modo obbligatorio, l’educazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado. Purtroppo, per quanto ne sappiamo, esiste un notevole ritardo da parte delle singole scuole nell’applicazione di detta ordinanza. Ciò è probabilmente dovuto al notevole numero di richieste, in materia di prevenzione, che giungono al servizio scolastico.

Cosa dicono i professionisti che si sono occupati e si occupano del problema?

Da ricerche effettuate emerge che in Italia esiste un certo ritardo per quanto riguarda l’attuazione di progetti di prevenzione o di riabilitazione dei soggetti “plurincidentati”. Infatti, a dispetto delle dichiarazione d’intenti, non sembra che le autorità preposte abbiano preso in seria considerazione i risultati pervenuti dalle ricerche in ambito psicologico. Ad esempio a tutt'oggi la cosiddetta “visita psicodiagnostica” è riservata solo ad alcune categorie di neopatentati (professionisti del volante e certe tipologie di handicap psicofisico), ciò vuol dire che la maggioranza dei motociclisti e automobilisti non supera un esame di tipo psicoattitudinale volto ad evidenziare “eventuali anomalie” che potrebbero portare ad errate valutazioni e a conseguenti incidenti. Fin qui l’esistente; ma la domanda che ci poniamo è: si può tracciare un identikit personologico del plurincidentato? La risposta è per il momento negativa, tuttavia alcuni fattori sembrano essere più decisivi di altri.

Ad esempio è noto che la riduzione dello stato di veglia e di coscienza riduce i tempi di reazione, la precisione degli automatismi e cosa forse più importante la valutazione dei rischi. Da ciò deriva che l’incapacità di valutare il proprio stato psicofisico momentaneo è un grave fattore di rischio d’incorrere in incidenti. Si pensi ad esempio alla persona che avendo assunto sostanze psicoattive (droghe in genere o psicofarmaci con forte componente distensiva o allucinogena) o bevuto in eccesso alcool, si metta al volante. Ebbene quella persona rappresenterebbe per sé e per gli altri un grave rischio come attestano le statistiche specifiche in cui emerge chiaramente la pesante responsabilità dell’uomo nelle cause all'origine degli incidenti.

Ovviamente il discorso dovrebbe a questo punto estendersi ai motivi che conducono un automobilista a guidare in uno stato inadeguato sotto l’effetto di sostanze che, agendo sul sistema nervoso centrale, modificano le risposte sensoriali ed emozionali. Anche in questo caso non esiste una sola risposta.

Certo è che le cause vanno ricercate in quel complesso meccanismo che comporta la relazione tra l’uomo e i sistemi, via via sempre più grandi, in cui è inserito.

Noi assumiamo “l’idea guida” che ogni comportamento ha un significato relazionale che è diverso per ognuno e che può essere “svelato” da un processo volto ad orientare la persona nell’esplorare i suoi sistemi relazionali.

Oltre alle condotte ricordate v’è un altro tratto di personalità che collude pesantemente con comportamenti di guida errati. E’ la componente “onnipotente” che fa ritenere la persona invulnerabile tanto da poter sfidare il pericolo senza pensare seriamente di poter essere causa d’incidenti. Questo tipo di persona percepisce il mezzo come una sorta di protesi cinestesica che gli permetta di affermare il suo desiderio di superare i suoi limiti fisici. E’ chiaramente una distorsione della percezione che andrebbe curata per prevenire fatali errori di valutazione di cui si parlava. L’altra faccia del problema è quella della persona che ha nei confronti della guida un atteggiamento pauroso al limite della fobia. In questi casi il mezzo diviene una specie di contenitore delle paure che si materializzano nell'atto della guida. La tensione che assale l’automobilista gli impedisce di percepire e valutare adeguatamente gli ostacoli che incontra con possibili esiti negativi.

Alle cause fin qui riportate vanno aggiunte quelle relative ad aspetti psicoinvolutivi della persona. E’ questo il caso della demenza senile che può colpire le persone, in genere dopo i 65 anni, e che comporta, tra gli altri disturbi, un grave disorientamento spazio-temporale.

Tra i disturbi di tipo psicopatologico da tenere sotto osservazione vi sono le depressioni maggiori (non entriamo nel merito della diagnosi differenziale volta ad accertare l’eziopatogenesi organica o psicogena) che spesso comportano l’assunzione di psicofarmaci che possono modificare lo stato attentivo del conducente.

Il consiglio in generale è che, anche in assenza e nell'attesa di una legge che tuteli più chiaramente il singolo e la collettività, ai primi segnali di un non adeguato rapporto con il mezzo di trasporto si prevenga la possibilità d’incorrere in gravi rischi consultando un professionista che possa aiutare a focalizzare l’entità del problema, e, se occorre, ad individuare percorsi di sostegno e riabilitazione.


 
 
 

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